sabato 8 settembre 2012

10. Ricordì di polvere e felicità



Silenzio. Solo il martellare cadenzato del mio cuore. Un respiro. Le assi cigolano intonando una dolce melodia melanconica, la polvere danza sinuosa portando con sé la tristezza degli anni. Annuso il profumo del tempo racchiuso tra queste mura. Annuso di un  tempo passato, di un tempo felice e di un tempo bellicoso.  Muovo un passo. Chiudo gli occhi. La sento. Sento la musica. Dolce, squillante, ritmata, arrabbiata, triste, esasperata, demoralizzata… sento la mia musica. La musica della mia vita, la musica della mia opera. Apro gli occhi, ed è nuovamente silenzio. Accarezzo il tessuto pesante della tenda, porta con sé migliaia di ricordi. Chiudo gli occhi. Vedo una signora, indossa elegantemente un cappotto verde, le scivola delicato sui fianchi, abbracciando gambe snelle. Cerca  freneticamente qualcosa con lo sguardo. I suoi occhi carezzano  le spalle possenti di un generale, seduto ignaro qualche fila più avanti, che con amore e premura passa una mano sul ventre della donna seduta al suo fianco. Amareggiata torno con lo sguardo alla signora dal cappotto verde, è ancora lì. Sgorgo un luccichio, forse una lacrima. Apro gli occhi. Nella sala iniziano a raccogliersi i primi spettatori. Si accomodano valutando con precisione quale poltrona scegliere. Come se per loro si differenziassero l’una con l’altra. Per me è così. Quelle poltrone non sono tutte uguali. Ognuna porta con sé una storia, qualcuna ne conserva  anche più di una.  Storie che le hanno fatte emozionare, storie che le hanno rese protagoniste, storie di vita. Mi guardo intorno, fino a che non le scorgo. Ai miei occhi sono le più belle poltrone della sala. Nessuno ci si è seduto per ora, e in fondo al mio cuore, spero che nessuno lo faccia mai. Non voglio contamino ciò che gelosamente da anni custodiscono in loro. Ho affidato loro il mio segreto più grande. Non le ho scelte, loro hanno scelto me.
Le luci si abbassano in sala, solo una fila laterale di fari ha il compito di donare colori. Non mi siedo, in tutti questi anni non l’ho mai fatto. Vengo qui, e osservo. Non sono curiosa, sia chiaro. Non osservo la vita degli altri, ma osservo la mia. Osservo le ore più importanti della mia esistenza.
Una nota basse e persistente mi fa capire che sono iniziate le pubblicità dei film. Non vedo lo schermo dalla mia posizione, non mi interessa.  Negli ultimi quindici anni, non sono mai venuta al cinema per assistere alla proiezione di un film. Io vengo qui per me. Vengo per passare del tempo con una parte di me che è sepolta nel profondo del mio cuore.
Nessuno sa delle mie visite periodiche al multisala del paese. Nemmeno mio marito. Vengo qui da quando il mio sentimento per lui ancora non esisteva, e ho sempre continuato, senza mai sentire il bisogno di parlargliene. Non potrebbe capire.
Inizia il film. Riesco a sentire il vorticare della bobina nel proiettore. Sento che è giunto il momento. Chiudo gli occhi e mi abbandono al ricordo.
È un pomeriggio caldo di Giugno. Ho appena salutato Giada, la mia amica del cuore, all’angolo della strada. Sono già le cinque, e devo ancora prepararmi. Sandro verrà a prendermi tra due ore. Sono emozionata, sarà la nostra ultima sera insieme  prima della sua partenza. Ha detto che mi ha preparato una sorpresa.
Sono le sette, e lui è già nell’altra stanza. Lo sento parlare con mia madre. Sa essere così perfetto in ogni situazione. Fin da subito è riuscito a piacere ai miei genitori, cosa non facile data la loro severità e riservatezza. Ma, Sandro, con il suo fascino, giorno per giorno li ha conquistati e li ha indotti a fidarsi di lui. Ed è per questo che questa sera ci hanno concesso di uscire, non era mai successo prima. Abbiamo sempre trascorso il nostro tempo insieme nella veranda della mia piccola casa di campagna.
Infilo il soprabito e faccio il mio ingresso nel salone. Sandro e mio padre mi guardano come fossi una principessa, e io questa sera mi sento davvero tale. Il mio principe mi si avvicina e mi prende sotto braccio, salutiamo i miei genitori,  e finalmente usciamo, soli, insieme.
Sento nelle stomaco le stesse sensazioni di quella sera. Solo qui riesco a riprovare tutto ciò. È come se avessi la meravigliosa possibilità di rivivere quella giornata ogni volta che lo desidero. Come se Dio mi avesse dato un dono meraviglioso, una chance in più rispetto al resto dell’umanità.

Sapeva della mia passione per il cinema, gliene avevo parlato in molte occasioni, e questa era la sua sorpresa. Per la prima volta nella mia vita, avrei assistito alla proiezione di un film. La severità dei miei genitori mi aveva portato a dover rinunciare a tante esperienze caratteristiche della mia età.
Mi tiene la mano mentre entriamo nella sala. Sento un odore strano, forte pungente. Lo associo alla polvere che sembra ricoprire ogni angolo di questo cinema, ma so che non lo dimenticherò mai. Sarà l’odore della mia vittoria, l’odore della mia crescita.
“Scegli tu dove dobbiamo sederci.” Mi sorride. So perché lo fa, non vuole io abbia dei rimpianti, vuole che questa sia la mia serata.
Indico due poltrone a metà sala, lo guardo e corro a sedermi. Lui arriva con la sua eleganza e si accomoda al mio fianco. Un brivido mi percorre la schiena. Altre volte siamo stati così vicini, ma mai così liberi. Mi rendo conto che per la prima volta siamo io e lui. Il cuore comincia a martellare nel petto. Forse lo ha notato, perché allunga la mano e prende la mia. Presto il film inizia, e vengo totalmente assorbita dalla proiezione. Sandro è un compagno fantastico, non fa nulla che possa distrarmi. Ogni tanti quasi mi dimentico della sua presenza. Quando i titoli di coda cominciano a scorrere sullo schermo capisco di essere innamorata del cinema e della sua arte. Mi giro verso di lui, mi sta sorridendo.
“Ti amo, Sara. Volevo che lo sapessi così, nel mondo che hai sempre sognato. Volevo donarti un po’ di gioia, per restituirti almeno una piccola parte di ciò che tu dai a me.”
I suoi occhi sono lucidi, le mani gli tremano. E un secondo dopo mi sta baciando. Il mio primo bacio. Le nostre lingue che si incontrano e ballano la danza dell’amore. So di  non poter provare nulla di più meraviglioso. Tutto è perfetto. E in un attimo mi rendo conto che c’è un sentimento più forte della passione per il cinema, più forte della gioia, della tristezza e del dolore. L’amore, il mio amore per Sandro.

Il film è terminato. I pochi spettatori della serata iniziano a dirigersi verso l’uscita della sala. Per me non è ancora arrivato il momento di andarmene. Le luci si accendono. Mi avvicino alle poltrone. Faccio scorrere le dita sul tessuto usurato e mi fermo.
In memoria di Sandro Castello, 1954-1976, da chi l’ha amato e lo ama più della sua stessa vita”.


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