venerdì 21 dicembre 2012

16- Seduta, in un angolo della mia testa



Seduta in un angolo della mia testa attendo. Aspetto la fine. Sono seduta qui, immobile mentre il mondo continua a muoversi trascinandosi dietro il mio corpo. Automa senza cuore né anima. Io non sono il mio corpo, sono la mia testa e lì rimango. Chiusa nella mia testa, seduta in un angolo. Seduta senza forma, un io amorfo. Ho lasciato la forma e tenuto l’essenza. Mi vedo camminare tra la gente, mi vedo parlare con gli amici, mi vedo con te. Ma in realtà non sono io. Ho lasciato il mio corpo tempo fa, vaga al posto mio in questo mondo indifferente.
E rimango seduta nella mia testa ad aspettare la fine. Quando il mondo non si trascinerà più dietro il mio corpo. Quando non potrò più rimanere qui seduta nella mia testa.
Tu mi vedi, lo sento il tuo sguardo sul mio corpo. Ma solo quello stai guardando, io non sono lì. Guardami dentro. In un angolo della mia testa mi troverai. Mi vedrai seduta qui, ad osservare il mio corpo in un mondo senza anima.
E quando mi sono chiusa qui, in un angolo della mia testa, urlavo e scalpitavo. Volevo mi vedessi tu. Ma tu vedi solo quello che credi io sia, quello che non potrò mai essere. E ho smesso di urlare, ho smesso di soffrire. Rimango qui, seduta. E aspetto. 


giovedì 20 dicembre 2012

15- La distanza del dolore

How It Ends

Sempre qui, io e te. Insieme, uniti ad affrontare ogni difficoltà. Fratelli nell'anima eravamo noi. Felici l'uno per l'altra sempre. O forse lo ero io solo per te. Tu sempre il più bravo, il più intelligente dei due. Il più grande con tanta esperienza alla spalle. Tu che mi ha insegnato cosa dire in ogni situazione. Tu che hai mi hai mostrato come vestire per essere più carina. Mi hai aperto il cuore per leggerne ogni segreto dentro, per custodirli per me. O forse no. Mi hai insegnato che delle persone ci si deve fidare, perchè non ti faranno mai del male. Mi hai insegnato ad abbracciare, con tutto il corpo. Con te ho imparato ad essere felice, come nei film.
Ma ho imparato anche a soffrire, profondamente. Ho conosciuto il dolore del tradimento. Il dolore della perdita di una persona, della fiducia, degli abbracci. Quella cicatrice che ho in mezzo al cuore me l'hai regalata tu, come monito. Forse l'unico vero insegnamento che mi hai regalato è che non serve dire sempre la cosa giusta in ogni situazione, sbagliare è normale. Mi hai insegnato che non è necessario vestire bene per essere carina. Mi hai insegnato che il cuore non va aperto a nessuno. Mi hai insegnato che delle persone non ci si deve fidare perchè ti faranno sempre del male. E mi hai insegnato che gli abbracci veri sono quelli tra anime.


Sarai sempre vicino a me, il dolore non va allontanato.

domenica 28 ottobre 2012

14. Leave


Quando crolla ogni certezza, quando il vento soffia lontano ogni felicità, quando il mare sommerge tutto ciò che ti è chiaro, non ti fermare.

Il vento soffia così forte che penso si porterà via la città intera. Si porterà via anche me, che cammino sola, bagnata dalla pioggia. E allora rilasso i muscoli e attendo di volare con lui, lontano da qui, lontano da un luogo che non mi conosce. Le spalle si abbassano, le braccia si allargano, gli occhi si chiudono, lo sento arrivare.
E poi in un attimo, la folata si placa. Gli occhi si aprono, le braccia scivolano lungo i fianchi, le spalle si irrigidiscono e io sono ancora qui. Sono sempre qui, sempre io. In mezzo ad una strada, nera di asfalto. Riprendo a camminare, e penso a te che non mi puoi sentire, penso a te che non mi vuoi sentire.  Verrò io da te, ti dirò quello che hai paura di ascoltare, ti dirò quello che sai già, ma te lo dirò io. Camminerò con il vento, mi accompagnerà fino a te.  Che poi, tu chi sei? Solo frutto della mia fantasia, sei un TU inesistente, sei il TU che vorrei avere al mio fianco. Potresti essere ovunque, potresti nasconderti dietro ogni sguardo che mi sfiora distratto. No, forse tu saresti l’unico sguardo attento, l’unico non annoiato, l’unico determinato a guardare me e me soltanto. E lo cerco, negli occhi di una mamma apprensiva, negli occhi di un adolescente allampanato, negli occhi di un cane fedele, di un camionista stanco, di un anziano soddisfatto, di un padre orgoglioso… vedo occhi ovunque, li vedo tutti, ma non vedo i tuoi. Mi muovo in questa notte buia, mi muovo nella mia vita, mi muovo come un ladro, in silenzio. I capelli mi schiaffeggiano il viso, consolato da lacrime calde. E continuo a muovermi, non posso fermarmi. Se lo facessi mi raggiungerebbe tutto, e non voglio. Voglio lasciare tutto e correre da te, che sei da qualche parte, che esisti per forza, che mi saprai aiutare. E mi abbraccerai come si fa con un bambino che si risveglia da un incubo, mi dirai che si è sistemato tutto, che non mi lascerai più sola. Mai più. E mi stringerai la mano, solo per farmi sentire che ci sei, e costruiremo insieme un posto, solo nostro in cui non saremo mai soli. Lì ci chiuderemo le nostre anime graffiate, lontane da questa strada fredda, lontano dalla gente, lontane da noi. E forse saremo felici.
E il vento ritorna, mi spinge verso te, lo so. Mi lascio portare alla deriva nel suo mare d'aria. E un giorno ti troverò, e lo sapremo entrambi. MI sentirai, anima nella tua. 

venerdì 12 ottobre 2012

13. Io e te, non come noi



Sei la mano di un pianista che scorre abile sulla tastiera della mia anima, imprigionata in un alternarsi di tasti bianchi e neri, rinchiusa in una sinfonia che non le appartiene, costretta a suonare emozioni non sue. Sei tu, l’artefice dei miei suoni, sei il compositore dei miei sorrisi, il Mozart delle mie lacrime.  E immobile, in balia di te, mi faccio accordare come un piano dimenticato in qualche soffitta buia e umida, e tu, noncurante manometti la mia essenza, tendi le corde della mia mente, perlustri i miei segreti.

Sei tu che mi hai concesso la tua presenza, tu che puoi fare a meno di me, di noi. Sei tu che puoi dormire la notte senza paura, perché gli incubi invadono le menti deboli, perché la mattina li vedi riflessi nei miei occhi e sai che mai colpiranno te, fino a che scalderò le tue notti con il mio corpo.

Sei tu che hai sognato una vita così, tu che ami il potere dell’amore, la tensione dell’odio. Ami me, che silenziosa, ti permetto di essere ciò che credi giusto a discapito di un sogno irrealizzabile. Me e le mie mani che mai hanno cercato di ribellarsi alla tua pressione. I miei occhi che non piangono mai la sofferenza che mi dai, ma la gioia di noi. La mia bocca che non critica mai, che si distende sempre per pronunciare quel “si” che vuoi sentire, e mai si arriccia per il “no” che vorrei dire. I miei capelli che brillano di riflessi di felicità lontane.

Quando la mia voce aveva ancora un suono, mi ascoltavi raccontare storie di galassie lontane, in cui le collisioni di atmosfere colorate di gas alieni riempivano l’universo di bagliori spettacolari. Ora siamo noi quelle atmosfere, ma non c’è nulla di meraviglioso nella collisione di due anime come le nostre, un po’ di rumore, qualche graffio e una lacrima. Da dividere, una è sufficiente per cancellare una storia vuota. Una lava quello che c’è di noi. Una lacrima perché due sono per le storie vere, due sono per le atmosfere colorate. Due come il numero dell’amore. Due come non siamo mai stati. Due come quando si dice: io e te. Due non come noi.

E ti guardo dormire e vorrei che rimanessi così per sempre, vorrei mantenere la distanza che c’è ora. Come due stati della materia, io ghiaccio tu acqua. Tu solido io liquido. Lontani per sempre, vicini solo nella teoria. Lontani nella scienza, vicini solo nelle favole, che tanto lì non puoi farmi niente.  





mercoledì 10 ottobre 2012

12. Urlo

L'acqua si scaglia sulla riva come i  pensieri imprigionati nella mente si infrangono nella testa, sbattono negli occhi e escono, come gocce di pioggia.

Vorrei che tu li vedessi, vorrei che sentissi il rumore che fanno, forse capiresti quanto ti odio. Il tuo sorriso impertinente, quel tatuaggio dietro l'orecchio, simbolo di un "noi" mai esistito, le tue mani e la loro memoria sul mio corpo, la tua risata nelle mie orecchie, il tuoi occhi dentro i miei. 
Li senti questi pensieri? 
Li vedi anche?

Ne ho riempito il cuscino, l'armadio, le credenze, la vasca da bagno, ma sono ancora nella mia testa. Li sento ancora. E allora li spedisco. Scrivo pagine su pagine di pensieri, immergo fogli bianchi nella mia testa, li chiudo in una busta e li spedisco. Invento indirizzi, spero si perdano. Ma non se ne vanno, rimangono, come rimani tu. E corro per la città, spero di essere più veloce di loro, corro lontano da loro che non hanno le gambe e non possono raggiungermi. Mi fermo e sono sempre qui, imprigionati dietro gli occhi. E urlo, forte perchè si spaventino e se ne vadano da me. Urlo il tuo nome, così possono sentirlo e venire da te. Urlo tutto il fiato, urlo tutte le lacrime, tutte le tue parole, i tuoi baci, il tuo profumo.
Li senti ora?
Li senti?





The End- Lisa Gerrard

domenica 16 settembre 2012

11. Stanca


Stanca, percorre il vialetto di casa, infila la chiave nella toppa ed entra. Le è sempre piaciuta la sensazione che la pervade nel varcare la soglia di casa. Quell’aroma di famiglia mista a polvere l’ha sempre commossa. Ma nulla ormai è come un tempo. Instabile attraversa il corridoio, entra in cucina e accende il fornello sotto la teiera. Ogni gesto sembra rallentato, ogni movimento necessita di molta più fatica. Mentre l’acqua si scalda si sposta in camera, con delicatezza si spoglia e infila la vestaglia. Una lacrima si fa strada tra le insidie di un viso che ha ospitato mille espressioni, che ha sofferto molte pene, e che ha sorriso a troppi giorni. Torna in cucina, finisce di preparare il tè. E come ogni sera, si siede. Si lascia abbracciare da quella poltrona tanto cara, che un tempo ospitava generosa tutto ciò di cui era formato il suo mondo. E come ogni sera torna a dare un saluto ai ricordi. I ricordi che non la tradiranno mai, quei ricordi che le faranno compagnia per sempre. E si rivede bella come non si sente da tanto. Bella come la vedevano loro. Giovane come si sapeva sentire lei. Ma soprattutto, più di ogni altra cosa, rivede loro. Tutti loro. Loro che l’hanno abbandonata. Loro che, nonostante tutto, l’hanno tradita.
Quando è fortunata riesce anche a sentire le loro voci, non succede spesso. A volte è troppo stanca per riuscire a concentrarsi a tal punto. Ma questa sera tutto è più facile. Stasera non deve faticare. Le sente subito, cristalline. Dolci, armoniose, reali.
Rivede lui, alto, fiero, elegante come solo gli uomini d’altri tempi riuscivano ad essere. E rivede lei, dolce, aggraziata, armoniosa, semplicemente bella.
Le fa male al cuore tutto questo. Almeno pensa sia il cuore. L’ha sempre fatta ridere questo pensiero. Sa bene che non è il cuore la sede reale dei sentimenti, ma è proprio lì che lei vuole metterli, vicino alla sua fonte di vita.

Quando si sono conosciuti lei aveva poco più di 18 anni. Erano giovani, belli e spensierati. Non immaginavano minimamente le ripercussioni dei loro comportamenti nella loro vita futura. Vivevano e basta. Era facile così, era bello così. E poi si amavano, tanto. Ogni giorno che passava sembrava unirli ancora di più. E velocemente come si erano innamorati, si sposarono. Quel giorno lei era orgogliosa come non lo era mai stata prima. Orgogliosa di percorrere quella navata e di trovarvi alla fine l’uomo con il quale voleva affrontare ogni gioia e difficoltà. Ogni dettaglio era motivo di felicità. Certo, anche loro come ogni coppia che si rispetti, avevano dovuto affrontare litigi, incomprensioni e malumori. Ma bastava così poco a dimenticare. Uno sguardo, un sorriso, un gesto e ogni malessere perdeva di valore. E poi arrivò lei, piccola tenera, delicata. Una dolce creatura frutto di quell’amore infinito che li invadeva. Lei che aveva riempito le loro vita immensamente. Lei tanto attesa. Lei che non aveva deluso. La loro dolce bambina.
Come ogni storia a lieto fine la loro non sembrava allontanarsi dalla media. Sembrava…

La testa le fa male. Sempre a questo punto della serata sente il bisogno di riposare. È così difficile a volte ricordare. Così doloroso essere forti. È stanca. Questa sera basta così. Questa sera vuole fermarsi qui. Il tempo di sistemare le ultime cose e di spegnere tutte le luci ed è a letto. Silenziosamente,quasi avesse paura di svegliar qualcuno, sistema il cuscino e chiude gli occhi.

Quella mattina lui era di fretta. Scese in cucina e velocemente le accarezzò il viso con un bacio. La piccola nonostante tutto, anche per quella mattina l’aveva spuntata. L’avrebbe accompagnata papà a scuola. Fiera dei suoi tesori più grandi li guardò uscire dal cancello e salire in macchina. Li guardò allontanasi da lei e dalla vita.

Non riesce a prendere sonno. Ma questa sera non è arrabbiata. Non è infastidita dall’insonnia. Questa sera è contenta.
Si gira, guarda la foto sul comodino. E in un attimo li sente, reali questa volta. Le vengono incontro. Ed è felice.

sabato 8 settembre 2012

10. Ricordì di polvere e felicità



Silenzio. Solo il martellare cadenzato del mio cuore. Un respiro. Le assi cigolano intonando una dolce melodia melanconica, la polvere danza sinuosa portando con sé la tristezza degli anni. Annuso il profumo del tempo racchiuso tra queste mura. Annuso di un  tempo passato, di un tempo felice e di un tempo bellicoso.  Muovo un passo. Chiudo gli occhi. La sento. Sento la musica. Dolce, squillante, ritmata, arrabbiata, triste, esasperata, demoralizzata… sento la mia musica. La musica della mia vita, la musica della mia opera. Apro gli occhi, ed è nuovamente silenzio. Accarezzo il tessuto pesante della tenda, porta con sé migliaia di ricordi. Chiudo gli occhi. Vedo una signora, indossa elegantemente un cappotto verde, le scivola delicato sui fianchi, abbracciando gambe snelle. Cerca  freneticamente qualcosa con lo sguardo. I suoi occhi carezzano  le spalle possenti di un generale, seduto ignaro qualche fila più avanti, che con amore e premura passa una mano sul ventre della donna seduta al suo fianco. Amareggiata torno con lo sguardo alla signora dal cappotto verde, è ancora lì. Sgorgo un luccichio, forse una lacrima. Apro gli occhi. Nella sala iniziano a raccogliersi i primi spettatori. Si accomodano valutando con precisione quale poltrona scegliere. Come se per loro si differenziassero l’una con l’altra. Per me è così. Quelle poltrone non sono tutte uguali. Ognuna porta con sé una storia, qualcuna ne conserva  anche più di una.  Storie che le hanno fatte emozionare, storie che le hanno rese protagoniste, storie di vita. Mi guardo intorno, fino a che non le scorgo. Ai miei occhi sono le più belle poltrone della sala. Nessuno ci si è seduto per ora, e in fondo al mio cuore, spero che nessuno lo faccia mai. Non voglio contamino ciò che gelosamente da anni custodiscono in loro. Ho affidato loro il mio segreto più grande. Non le ho scelte, loro hanno scelto me.
Le luci si abbassano in sala, solo una fila laterale di fari ha il compito di donare colori. Non mi siedo, in tutti questi anni non l’ho mai fatto. Vengo qui, e osservo. Non sono curiosa, sia chiaro. Non osservo la vita degli altri, ma osservo la mia. Osservo le ore più importanti della mia esistenza.
Una nota basse e persistente mi fa capire che sono iniziate le pubblicità dei film. Non vedo lo schermo dalla mia posizione, non mi interessa.  Negli ultimi quindici anni, non sono mai venuta al cinema per assistere alla proiezione di un film. Io vengo qui per me. Vengo per passare del tempo con una parte di me che è sepolta nel profondo del mio cuore.
Nessuno sa delle mie visite periodiche al multisala del paese. Nemmeno mio marito. Vengo qui da quando il mio sentimento per lui ancora non esisteva, e ho sempre continuato, senza mai sentire il bisogno di parlargliene. Non potrebbe capire.
Inizia il film. Riesco a sentire il vorticare della bobina nel proiettore. Sento che è giunto il momento. Chiudo gli occhi e mi abbandono al ricordo.
È un pomeriggio caldo di Giugno. Ho appena salutato Giada, la mia amica del cuore, all’angolo della strada. Sono già le cinque, e devo ancora prepararmi. Sandro verrà a prendermi tra due ore. Sono emozionata, sarà la nostra ultima sera insieme  prima della sua partenza. Ha detto che mi ha preparato una sorpresa.
Sono le sette, e lui è già nell’altra stanza. Lo sento parlare con mia madre. Sa essere così perfetto in ogni situazione. Fin da subito è riuscito a piacere ai miei genitori, cosa non facile data la loro severità e riservatezza. Ma, Sandro, con il suo fascino, giorno per giorno li ha conquistati e li ha indotti a fidarsi di lui. Ed è per questo che questa sera ci hanno concesso di uscire, non era mai successo prima. Abbiamo sempre trascorso il nostro tempo insieme nella veranda della mia piccola casa di campagna.
Infilo il soprabito e faccio il mio ingresso nel salone. Sandro e mio padre mi guardano come fossi una principessa, e io questa sera mi sento davvero tale. Il mio principe mi si avvicina e mi prende sotto braccio, salutiamo i miei genitori,  e finalmente usciamo, soli, insieme.
Sento nelle stomaco le stesse sensazioni di quella sera. Solo qui riesco a riprovare tutto ciò. È come se avessi la meravigliosa possibilità di rivivere quella giornata ogni volta che lo desidero. Come se Dio mi avesse dato un dono meraviglioso, una chance in più rispetto al resto dell’umanità.

Sapeva della mia passione per il cinema, gliene avevo parlato in molte occasioni, e questa era la sua sorpresa. Per la prima volta nella mia vita, avrei assistito alla proiezione di un film. La severità dei miei genitori mi aveva portato a dover rinunciare a tante esperienze caratteristiche della mia età.
Mi tiene la mano mentre entriamo nella sala. Sento un odore strano, forte pungente. Lo associo alla polvere che sembra ricoprire ogni angolo di questo cinema, ma so che non lo dimenticherò mai. Sarà l’odore della mia vittoria, l’odore della mia crescita.
“Scegli tu dove dobbiamo sederci.” Mi sorride. So perché lo fa, non vuole io abbia dei rimpianti, vuole che questa sia la mia serata.
Indico due poltrone a metà sala, lo guardo e corro a sedermi. Lui arriva con la sua eleganza e si accomoda al mio fianco. Un brivido mi percorre la schiena. Altre volte siamo stati così vicini, ma mai così liberi. Mi rendo conto che per la prima volta siamo io e lui. Il cuore comincia a martellare nel petto. Forse lo ha notato, perché allunga la mano e prende la mia. Presto il film inizia, e vengo totalmente assorbita dalla proiezione. Sandro è un compagno fantastico, non fa nulla che possa distrarmi. Ogni tanti quasi mi dimentico della sua presenza. Quando i titoli di coda cominciano a scorrere sullo schermo capisco di essere innamorata del cinema e della sua arte. Mi giro verso di lui, mi sta sorridendo.
“Ti amo, Sara. Volevo che lo sapessi così, nel mondo che hai sempre sognato. Volevo donarti un po’ di gioia, per restituirti almeno una piccola parte di ciò che tu dai a me.”
I suoi occhi sono lucidi, le mani gli tremano. E un secondo dopo mi sta baciando. Il mio primo bacio. Le nostre lingue che si incontrano e ballano la danza dell’amore. So di  non poter provare nulla di più meraviglioso. Tutto è perfetto. E in un attimo mi rendo conto che c’è un sentimento più forte della passione per il cinema, più forte della gioia, della tristezza e del dolore. L’amore, il mio amore per Sandro.

Il film è terminato. I pochi spettatori della serata iniziano a dirigersi verso l’uscita della sala. Per me non è ancora arrivato il momento di andarmene. Le luci si accendono. Mi avvicino alle poltrone. Faccio scorrere le dita sul tessuto usurato e mi fermo.
In memoria di Sandro Castello, 1954-1976, da chi l’ha amato e lo ama più della sua stessa vita”.


9. Storia di un tempo lontano




Eccoti finalmente. Sei bella come non mai. Temevo che oggi non saresti venuta. Ma tu sei abitudinaria come me. Ogni giorno vengo al parco con la speranza di vederti, e con la voglia di trovare il coraggio per parlarti. Ma non c’è cosa più difficile. Oggi sembri felice. Ho imparato a conoscere e a capire ogni tua piccola espressione. Ogni increspatura del volto per me significa molto. Sorridi alla tua compagna di passeggiata. Sento un brivido lungo la schiena. Vorrei con tutto me stesso che quel sorriso lo rivolgessi a me.
Lentamente ti avvicini alla panchina dove sono seduto io. Faccio finta di leggere un libro russo, di quelli che ti obbligano a leggere nei corsi di letteratura. Con la coda dell’occhio vedo che ti accomodi a pochi centimetri da me. La tua compagna si allontana, dice di dover telefonare.
Abbasso il vecchio volume, ti guardo. Ti sorprendi della mia espressione.
“Buongiorno, ci conosciamo?”
“Buongiorno, beh… non ci conosciamo ancora, ma magari potremmo provvedere subito a sopperire a questa mancanza.”
Sorridi, forse ti sono simpatico.
“Certo, perché no? Io sono…”
“Lidia… lei si chiama Lidia. La vedo spesso passeggiare in questo parco, e non ho potuto fare a meno di sentire il suo nome.”
“Si, è vero, adoro trascorrere i miei pomeriggi in questo parco. Io non ho il suo stesso spirito di osservazione, quindi mi sento costretta a chiederle il suo nome…”
“Mi  chiamo Fausto. Sono molto contento di averla conosciuta.”
“Per me vale lo stesso”
Con delicatezza e non curanza mi porgi la mano. Emozionato la stringo. È così morbida.  Non mi spiego la scarica di sensazioni che questo tocco mi trasmette.
“Allora, Fausto. Cosa fai nella vita?”
“Sono uno scrittore, adoro raccontare storie di vita. Mi piace osservare la gente che incontro per la strada, e inventare per loro una vita alternativa.”
Mi blocco, forse sono partito in quarta. Mi guardi, perché non dici nulla?
“E’ meraviglioso Fausto. Devi essere una persona molto sensibile.”
Sorrido, per fortuna ho fatto una buona impressione.
“Beh, diciamo che sono un osservatore. Cerco di prestare attenzione ai dettagli. I dettagli sono essenziali.”
Non ti faccio domande. Non voglio forzare la conversazione, preferisco attendere. Voglio sottostare alle tue tempistiche.
“Adoro le storie. Vuoi raccontarmene una?”
Speravo me lo chiedessi.  Mi avvicino un po’. Non sembri infastidita.
“D’accordo Lidia. Ti racconterò una storia. Una storia di un tempo lontano, di due anime gemelle, di un amore eterno, di un amore che supererà tutte le difficoltà che incontrerà.”
Ti guardo. Hai lo sguardo perso. Gli occhi ti brillano. Sembri una bimba in attesa del proseguo della sua favola preferita. Non mi faccio pregare.
“Questa storia ha inizio negli anni Cinquanta, in un’ Italia all’alba della sua rinascita. Il protagonista è un giovane ragazzo, bello e affascinante. È di buona famiglia, si vede chiaramente da come si comporta e dagli abiti che indossa. Ma questa storia non parla solo di lui, parla anche di una ragazza. Una meravigliosa dolce ragazza, timida e intelligente. Studiano insieme i miei protagonisti, frequentano l’ultimo anno del liceo. Si conoscono, molto bene. Sono innamorati.”
Le tue labbra formano una piccola O, sei così dolce in questo momento. Vorrei poterti accarezzare, ma non mi permetterei mai.
“E cosa succede poi? Si lasciano?”
“Come corre Lidia! Vuole sapere che succede dopo? Beh è l’ultimo anno del liceo e la piccola parrocchia aveva organizzato un piccolo ballo nella palestra della scuola. Da quando la guerra era finita, tutti cercavano di sorridere alla vita.”
“Di sicuro i suoi protagonisti andranno insieme al ballo, vero? E poi, Fausto, come si chiamano i giovani?”
“Lidia, la storia è sua, quindi i nomi li scelga lei.”
Tu mi sorridi, ti senti lusingata.
“D’accordo, allora li chiameremo Lidia e Fausto. Che ne dici?”
Con piacere constato che ti rivolgi a me in tono confidenziale.
“Dico che sono i nomi perfetti per gli attori della mia storia. Quindi, Lidia e Fausto si presentano assieme alla festa da ballo. Lei indossa un abito meraviglioso, è la più bella. Le gambe si scorgono dalla velatura delle calze. È così bella che quando entra nella palestra cala il silenzio. Fausto le cammina vicino, è orgoglioso della sua ragazza. È senza dubbio la più carina della scuola. Anche lui è bello, questo devo dirlo, il suo smoking gli calza a pennello.
La serata scorre piacevole, ballano senza smettere mai. Ballano fino a che i piedi non cominciano a dolere. Fausto non riesce a staccarle gli occhi di dosso. Sa che ricorderà questa serata per sempre. Sono felici, sono belli e sono innamorati. La loro foto finirà anche sul giornale del paese, ma loro questo ancora non lo sanno.”
“La loro foto?”
“Si, tutte le coppie durante la serata si sono messe in posa e si sono fatte scattare una foto. E la foto dei nostri protagonisti è stata scelta come foto rappresentativa della serata.”
“Sarà stata una soddisfazione per loro!”
“Certo, ne erano entusiasti. È stata la loro prima foto insieme.”
“Ce ne sono state altre? Beh, allora la loro relazione è durata a lungo?!”
“L’avevo detto all’inizio della storia. Il loro amore è eterno.”
“E’ vero! Si sono sposati quindi?”
“Fausto e Lidia si sono sposati poco dopo il diploma, e il loro matrimonio ha portato con sé quattro splendidi bambini.”
“E’ una storia meravigliosa. Ma ho come l’impressione che non abbia un lieto fine.”
Mi guardi, i tuoi occhi sono carichi di emozione. Non riesco ad immaginare di deluderti, non voglio vederti triste.
“No, Lidia, stai tranquilla la mia storia termina bene. I nostri protagonisti si ameranno per sempre.”
“Perfetto, sono le storie che piacciono a me.”
Alle tue spalle si avvicina Claudia, la tua infermiera che ogni giorno ci permette di trascorrere questo tempo assieme. Cerca il mio sguardo, le faccio cenno di avvicinarsi.
“Lidia, è ora di tornare a casa. Sei pronta?”
Tu la guardi spaesata, ma poi ti alzi, rassegnata. Ti volti verso di me, e mi sorridi. Sei bella. Bella come quella lontana sera degli anni Cinquanta. Ti sorrido a mia volta. E so che non avrò pace fino a che non tornerai qui domani , con me.

8. Verde negli occhi



Rimbombano nelle orecchie.
BUM. Bum. Bum.
Rosso fuoco, rosso sangue, rosso morte.
Solo il rosso ricordo. Rosso ovunque. Rosso negli occhi, rosso sulle mani, rosso nel cuore.
Una goccia di sudore scivola sulla mia fronte. Percorre sentieri che nessuna carezza percorre più da tempo.
Un flash. Un lampo improvviso di luce squarcia le mie palpebre chiuse.
Mi tremano le mani. Sono imprigionato in una realtà diventata incubo, in un luogo che non sogno.
Ordino ai miei occhi di tornare a guardare la vita, non più la morte.
Apro gli occhi. Respiro profondamente. Lascio che l’aria stantia ossigeni ogni singolo anfratto del mio corpo. Deglutisco dolorosamente. Devo calmarmi. Ma non ci riesco. Non dormo da un’eternità, o almeno così mi sembra.  Sogno un sonno senza sogni. Un sonno ristoratore. Un sonno silenzioso. Un sonno in bianco e nero.
Mi guardo intorno. Cerco di non dare nell’occhio più del necessario, anche se il mio abbigliamento non aiuta.  Stiro una piega con la mano sui pantaloni verdi. Verdi come il rosso della guerra. Verdi di rispetto, verdi di autorità e sottomissione. Verdi di paura e coraggio. Verdi di amore e odio.
L’aereo sorvola il mio paese. Ne sento quasi il profumo. Profumo di erba, di sole, di pioggia e di felicità. Profumo di amore, di baci, di noi.
Il pilota esegue una manovra perfetta. Lentamente iniziamo  a scendere. Un’emozione che non provo da tanto comincia  a nascere nella pancia. Sembra di tornare bambino. Sembra gioia, ma non ne sono sicuro. Le mani riprendono a tremare, ma questa volta non mi da fastidio.
Chiudo gli occhi. Spero di vedere te. Ma vedo solo polvere rossa, vedo dolore e paura. La paura ha il volto verde, come i miei pantaloni. Verde come giovani ragazzi che non hanno più notti da aspettare.
Le ruote baciano l’asfalto. L’aereo di ferma. Possiamo scendere. Io aspetto. Così mi hanno insegnato.
Quell’emozione nella mia pancia sta diventando sempre più rumorosa. non riesco a contenerla e esplode in un sorriso.  Non pensavo sarei più stato in grado di farne.
Non ho bagagli io. Solo la mia sacca. La prendo dal vano sopra la mia testa. Pesa tanto. Pesa di morte, di amici perduti e di fidanzate da consolare. Pesa di maturità e di consapevolezze.
Seguo la massa verso l’uscita dell’aeroporto. Una porta bianca in fondo mi separa dalla mia vita futura.
Mi fermo. L’ho promesso.
Mi inginocchio sul pavimento bianco tirato a lucido e prego per tutti coloro che non ce l’hanno fatta e per tutti coloro che sono ancora lì. Prego per me, per non doverci più tornare.
i marines non piangono. Mi alzo. La gente mi guarda con ammirazione. Solo per questo verde che indosso.
La porta scorrevole si apre. Non so se voglio guardare.
Alzo la testa. Ti vedo. La più bella tra tutti. Mi avvicino. Ti accarezzo. Ti amo. Chiudo gli occhi. Vedo te.


7. Se solo...


È come un tormento, come un insopportabile tortura. Non posso fare nulla bloccato  nel limbo di una parola non detta, di un sorriso non ricambiato. La mia mano è tesa verso di te, verso quel viso corrucciato dai tormenti, dalle paure, dal dolore, dalla solitudine, da te. Se potessi bacerei via ogni tuo dolore, come acqua salata laverei la pelle della tua anima. Ti abbraccerei fino a soffocare ogni paura. Le paure hanno paura, sai? Le paure hanno paura di noi, delle mie mani tra i tuoi capelli, della mia bocca che bacia le tue lacrime, del tuo sorriso spettinato dal mio abbraccio. Se solo aprissi la porta che uscita dalla terra si è insinuata tra di noi, se solo allontanassi dal tuo cuore questa tenda di silenzio, se solo mi vedessi qui seduto a pregare di essere sommerso dal tuo dolore al posto tuo. Se solo…
E il tuo tormento è il mio, lo sento forte come un tuono nella notte, come la scia di un aereo in un cielo sereno, come il silenzio nella casa. Mi aggiro tra queste stanze vuote di noi, tra i mobili pieni di te, dei tuoi libri che custodisci con cura, delle foto di un noi passato, ma non un passato normale, passato remoto. Lontanissimo da dove sono ora a piangere un assenza che merito. Lontano dalle valigie che hai fatto questa mattina senza piangere. Ormai le lacrime l’hai terminate quando ancora c’erano quelle foto, quando c’era un noi. Respiro male, senza di te ho dimenticato come si fa. O forse non l’ho mai saputo fare. Respiravi tu per entrambi. Con la tua determinazione, caparbietà. La tua forza era la mia, l’assorbivo come un neonato succhia il latte dai seni della madre. E tu avevi lo stesso sguardo di quella madre, fiero e orgoglioso di donarmi il nettare di vita. Ma ora non ci sei più e le mie domande rimangono senza risposte, solo l’eco delle camere senza te.  E non ci sei ad augurarmi buona giornata la mattina, ti cerco sai? Ti cerco nel tuo caffè sporcato di latte, ti cerco nell’armadio con i tuoi vestiti che sfiorano i miei. E annuso quella carezza per sentirla sul mio viso, invecchiato di sofferenza, consapevolezza, invecchiato di te. Cammino tra la folla e cerco te.
Non sono più il tuo fantasma ormai, non temere più i miei attacchi d’ira, non temere più i cuscini bagnati dalle lacrime che hai versato per entrambi. Non aver paura di me amore, io non sono più parte della tua vita, non voglio esserlo. Non voglio punirti per essertene andata, non voglio farti soffrire ancora. Soffrirò io per te. Pregherò ogni notte di essere torturato per quello che ti ho fatto, piangerò anche le tue lacrime, e le lascerò bagnarmi le labbra, per baciarti ancora. Piangerò per baciarti ancora, soffrirò per baciare il tuo sale. E imparerò a vivere una vita a metà. Imparerò a respirare, e farà male, come quando si annega e si respira il mare. Respirerò il mare per sempre, respirerò solo per ricordarmi quanto mi manchi. Perché manchi. Manchi da urlare. Manchi da saltare la vita, non da morire, perché sarebbe bello morire per te. No tu manchi da vivere. Vivere come un verme sepolto nella terra della sofferenza. Vivere a metà perchè non ci sei più. E soffrirò costretto a non odiarti per amarti. Soffrirò ad odiare di te solo ciò che non c’è. E pregherò di morire, perché morire non fa soffrire.
Se solo tornassi da me amore, se solo potessi abbracciarti. Cancellerei ogni timore, come la pioggia cancella le lacrime. Se solo mi sentissi urlare nel cuscino il tuo nome, e mi vedessi fantasma di te. Se solo amore…

martedì 24 luglio 2012

6. Flashdiunamore

Ludovico Einaudi- Solo

Tre, due, uno.. Flash. Luce improvvisa come la mia voglia di te. Flash di un amore che passa come le stagioni. Flash della tua pelle contro la mia che rivedo nei miei incubi migliori.
Non ricordo più il tuo odore, ma lo percepisco nei treni, nei tram, tra le pieghe delle lenzuola. Se solo tu ti accorgessi di me, se solo mi vedessi come ti vedo io. Forse sarebbe un guaio, forse finiremmo a vivere un amore frenetico, tra quelle lenzuola che sanno di te, che cambierei ogni mattina per lavarti via da me. Forse mi baceresti nel calare della notte per nasconderti ai miei occhi, per celarti al mio cuore. O forse io avrei finalmente il coraggio di odiarti tanto quanto ti amo. O forse sarebbe solo un flash, un millisecondo di connessione tra due sguardi ormai sconosciuti, tra due cuori che non battono più all'unisono. Si forse sarebbe solo un flash..

lunedì 23 luglio 2012

5. Delirio romantico





El tango de Roxanne ... Ascolta...


His eyes upon your face...
Non vedrai mai ciò che vedo io, solo io conosco ogni millimetro del suo volto. IO solo riconosco ogni espressione, io e IO soltanto posso capire ciò che pensa semplicemente guardandola.
His hand upon your hand...
Quelle mani, che ho sfiorato mille volte, le stesse mani che stringono il mio cuore in una morsa, le mani per cui potrei morire...
His lips caress your skin...
La pelle che ricopre la mia anima mescolata alla sua. Doveva custodirla, per questo l'avevo donata proprio a lei.
IT'S MORE THAN I CAN STAND...
Non lo sopporto, non ce la faccio. Ti odio, più di quanto odio lui. Odio me stesso per essermi innamorato di te, anzi no. Odio me stesso perchè ti amo più di quanto potrei mai amare me. Vattene da lui, laveremo via insieme il suo odore dalla tua pelle, e sprofondando in te tornerai a sapere di me, di noi..

PLEASE, BELIEVE ME WHEN I SAY I LOVE YOU!

4. Discorso al mare

Come si descrive qualcosa che non si conosce?
Forse si ha bisogno di più parole, più di quelle che la penna è in grado di scrivere.
Quando la testa esplode di sensazioni, quando tutto sembra sfocato e nitido al tempo stesso, quando pensi di vedere il mare per la prima volta, ma in realtà è quello di sempre.
Come può sembrare così spaventoso ma perfettamente rassicurante tutto ciò?
I riflessi del mare non hanno parole, eppure li sento così chiaramente che fatico ad ignorarli. ma ci provo con tutta me stessa, provo con ogni respiro, ogni sguardo, ci provo con le urla, con i sospiri, con le mani, ma non ci riesco.
Come si parla al mare?
Gli direi che vorrei essere schiuma, la schiuma delle sue onde, che vorrei perdermi nelle sue profondità, che vorrei essere così infinitamente finita. Gli direi che vorrei essere chiara, trasparente e misteriosa. Gli direi che vorrei appartenere a tutte le terre e a nessuna in particolare.
Come...?



3. Immagina...

http://www.youtube.com/watch?v=PQaD7GG6IQA


Prova a immaginare...
Immagina un viaggio, in una calda giornata di Agosto, immagina il sole che accarezza la tua pelle chiara. Immagina le tue spalle dritte nonostante il peso delle tue azioni. Immagina sensazioni contrastanti farsi spazio ruggendo nella tua testa, o meglio nel tuo cuore. Immagina le tue mani strette l'una nell'altra per paura di perdersi in un tremore senza uscita. Immagina poi i tuoi occhi scorrere praterie che non conoscono, puntando oltre. Immaginali cercare uno sguardo, degli occhi nei quali riuscire a perdersi ancora. Immagina le tue labbra sussurrare silenziose discorsi provati tante volte davanti ad uno specchio senza voce. Immagina lo stridore dei freni del treno. Immagina le tue gambe tentare di sopportare il peso di un corpo spaventato ed emozionato. Immagina di scendere quei tre gradini, immaginali uno ad uno, perché sarà una sensazione unica che non tornerà indietro.
Ore puoi farlo, ora, immagina..

2. Balia


E ti senti così maledettamente piccola in questo mondo infame, fatto di sconfitte e rimpianti, di dolori e perdite. E guardi il mare e pensi che in fondo che non siete così diversi. Lui in balia del vento, di sé stesso, di una forza ce non vorrebbe possedere. E tu, in balia dei sentimenti, di te stessa, di una forza che vorresti possedere.

mercoledì 18 luglio 2012

1. La fine della mancanza

"A me piace vedere le persone riunite, forse è sciocco, ma che dire, mi piace vedere la gente che si corre incontro, mi piacciono i baci e i pianti, amo l'impazienza, le storie che la bocca non riesce a raccontare abbastanza in fretta, le orecchie che non sono abbastanza grandi, gli occhi che non abbracciano tutto il cambiamento, mi piacciono gli abbracci, la ricomposizione, la fine della mancanza di qualcuno.."

-Molto forte, incredibilmente vicino-